Paola, storia di un sorriso

A 29 anni si ha da pensare al lavoro, agli amici, all'amore. Si ha tutta una vita davanti e sembra sempre che ogni attimo di tempo sia occupato, assorbito dagli impegni che ogni giorno ci si programma. A 29 anni si pensa al futuro, ricco di eventi e progetti. Paola, con il suo sguardo allegro, la sua voce squillante, con il suo spirito vitale, ha anche il volontario tra le tante attività che svolge... E ora non ne può più fare a meno. 
Paola Borra abita a Bergamo, ha 29 anni e insegna economia aziendale in un istituto superiore privato. A raccontare il suo avvicinamento al mondo del volontariato è ricca di particolari, con le mani gesticola entusiasta e, ogni tanto, si ravviva i folti capelli scuri che le coprono un po' il volto: «A 24 anni sono stata consigliata da mio padre che da sempre è molto sensibile ai bisogni dei bambini. Fare volontariato, però, non è così immediato e mi sono trovata di fronte ad una vastissima rosa di offerte e proposte provenienti da associazioni di ogni tipo. Poi per caso un'amica mi ha informato che all'ospedale sarebbe iniziato un corso per volontari con gli Amici della Pediatria e ho iniziato a frequentarlo». Nel 1999, in una stanza anche fin troppo grande, si sono trovate dieci persone: «Poche rispetto all'affluenza di quest'anno, ma sempre molto motivate - continua Paola -. In qualche mese sono stata introdotta nel reparto e mi sono avvicinata ad un mondo fatto di dolore, ma anche di grande speranza. E ora non posso più fare a meno di quel turno settimanale che mi permette di aiutare le mamme e i loro bambini: è una responsabilità che è diventata parte integrante della mia vita, della mia giornata fatta di tanti pezzetti che si incastrano». 
È come un puzzle la vita di Paola, fatta della scuola e dei suoi alunni, degli amici, della famiglia e del fidanzato. E poi c'è il volontariato:«Una parte speciale che mi coinvolge completamente e mi tiene impegnata con la mente, ma anche con lo spirito». Ci vuole discrezione ad affrontare il dolore, ci vuole energia a giocare e a sorridere per quei bambini, ci vuole una grande serenità per trasmettere tranquillità e forza d'animo alle famiglie e «per costruire un rapporto di empatia con il bambino: è lui a dettare le regole della relazione, molto spesso ad avvicinarti, a cercarti dopo che hai giocato con lui il giorno prima».
Paola, solitamente, sta in reparto all'ora di pranzo, quando le mamme e i papà le affidano i piccoli degenti per fare una pausa, mangiare un piatto caldo in mensa e fare qualche commissione: «Mi capita di stare con i bambini che stanno riposando, spesso li aiuto a mangiare, in altre occasioni giochiamo insieme: quando mi assento per qualche settimana dalla Pediatria, per le vacanze estive per esempio, non posso fare a meno di pensare ai genitori e al fatto che, con le miei ferie, non ho potuto giocare con i loro bambini, non ho ascoltato i loro racconti». E non aspettiamoci, per forza, lacrime e dolore: con queste mamme e papà, con i quali si crea nel tempo una relazione di amicizia e di confronto, si parla anche della vita quotidiana, «di progetti, di sogni, dell'autunno che sta arrivando: il volontario ascolta e cerca di trasmettere alle famiglia dei piccoli degenti uno spaccato di vita il più possibile "normale"». 
Paola racconta e ricostruisce quel puzzle di incontri, di volti di bambino che ha conosciuto in cinque anni di volontariato: tra questi c'è anche quello di una piccola paziente di Napoli di otto anni: «In quel periodo ero di turno in Pediatria il giovedì mattina: Roberta è stata ricoverata per tre mesi per un trapianto di fegato e ogni settimana mi cercava per giocare. È tornata a Bergamo nove mesi dopo e, anche in quell'occasione, ha chiesto di me e mi ha mostrato un serpente di carta che avevamo costruito insieme: lo aveva conservato per tutto quel tempo e voleva giocarci ancora». Sono emozioni, frammenti di una vita, quello del volontariato, che ti resta attaccata addosso e che non ti abbandona facilmente. Che ti mostra una vita parallela a quella che è la quotidianità, con emozioni fatte di sorrisi, ma anche di un semplice serpente di carta.